Occhio clinico: l’arte della Semeiotica

Che cosa può offrire al ginecologo/a la rinata Rivista Italiana di Ostetricia e Ginecologia? Un grande ritorno alla Semeiotica, la perla più brillante della grande tradizione clinica italiana: la «semeîon tecné», l’antica arte medica di leggere con accuratezza e immediata comprensione sintomi e segni. Sono questi i due grandi testi, le vie imperiali, che ci portano alle diagnosi più tempestive e appropriate:

1. le parole con cui la donna, portavoce del corpo, esprime i suoi sintomi: quello che lei sente, perché il corpo le parla costantemente;

2. i segni, tutto quello che il corpo dice obiettivamente e immediatamente a chi lo ascolti e lo osservi con dedicata e competente attenzione.

L’occhio clinico, lo sguardo diagnostico sapiente e profondo, cresce solo se si coltiva con dedizione, e per tutta la vita, l’arte squisita della Semeiotica. Un’arte oggi emarginata e che invece contiene tutta la potenza e il fascino della medicina umanistica di antica tradizione e di attualissimo valore, di cui molti sentono motivata nostalgia. Le nostre pazienti in primis.

Il corpo della paziente ci parla, sempre: e allora perché lo ascoltiamo poco e male? Noi medici siamo oggi sempre più lontani dalla verità del corpo, fino a sembrare sordi e ciechi di fronte a sintomi e segni anche clamorosi. Con tendenza che cresce nelle ge- nerazioni più giovani, in tutto il mondo: un giovane medico americano in formazione post laurea (resident in training) oggi dedica mediamente un’ora e mezza al giorno al lavoro con i pazienti e cinque ore e mezza a leggere o scrivere lavori scientifici al computer. Il primo obiettivo di un giovane medico sta diventando il pubblicare, non l’imparare a curare meglio. Siamo cultori più della tecnologia e dei lavori scientifici che non della verità del corpo, che è il primo e ultimo testimone di ogni processo disfunzionale o francamente patologico, dell’appropriatezza della diagnosi e dell’ef- ficacia della cura. Purtroppo, senza allenamento quotidiano alla Semeiotica, l’occhio clinico non si affina. Crescono i tempi sprecati in esami e interventi, cresce il dolore, crescono le comorbilità, con costi quantizzabili e non quantizzabili (la vita rovinata delle pazienti).

Ecco la sfida: tornare ad allenare l’occhio clinico, la capacità di ascolto integrato di sintomi e segni, in ogni attività clinica ambulatoriale, da valorizzare poi con un aggiornamento del pari prezioso sul fronte scientifico. Sintomi e segni come punta dell’iceberg, da studiare e correlare poi con dedizione sul fronte della fisiopatologia, dell’endocrinologia, dell’immunologia, della neurologia, dell’urologia, per compren- dere e curare meglio le eziologie complesse e le comorbilità.

Ecco il taglio della rivista, cui contribuirò con passione: privilegiare articoli scientifici e casi clinici che diano voce e spazio prima all’anima antica, la Semeiotica, così da mettere la donna, con i suoi sintomi e i suoi segni, al centro dell’osservazione e della riflessione clinica. Per approfondire poi con gli esami strumentali e le evidenze scientifiche quanto l’occhio clinico ha intuito, grazie ad una rigorosa semeiotica. L’obiettivo è condividere una pratica clinica aggiornatissima che integri la bio-evidenza, la verità del corpo, che ci parla attraverso i sintomi e i segni, con l’evidenza scientifica contemporanea.

Non è quindi questione di lingua alternativa, il nostro amato italiano, invece dell’inglese. L’obiettivo è diverso e più alto: rimettere al centro della nostra pratica clinica la Semeiotica, fiume di risorgiva dalle acque chiare e costanti che continua a dare energie fresche a tutti i medici appassionati del loro lavoro. Questo implica un privi- legio, un onore e un dovere: cercare di essere competenti e affidabili compagni di un viaggio per una maggiore longevità in salute che idealmente potrebbe durare tutta la vita.

La donna non è, a seconda del problema, un utero che piange, una vulva che brucia, un fibroma peduncolato che si torce o un ovaio policistico che cammina. E’ un individuo complesso e integrato: ogni patologia riconosce fattori eziologici anche lontani dall’organo più sintomatico (eziologia multifattoriale) e ha risonanze sistemiche (comorbilità). L’iperspecializzazione ha ormai diviso la donna (in verità, purtroppo, ogni paziente, di ogni età) in organi e frammenti: un corpo parcellizzato e reificato, invece che un soggetto di cura.

Perché contribuire quindi alla Rivista Italiana di Ostetricia e Ginecologia? Perché condividerne i contenuti e le prospettive? Perché sceglierla come fonte di aggiornamento pratico, finalizzato al costante miglioramento della propria competenza clinica?

Perché l’esperienza clinica dei medici più esperti sia valorizzata, conservata e tramandata ai più giovani, oltre la cerchia degli allievi diretti. Perché il tesoro racchiuso nell’occhio clinico individuale diventi ricchezza condivisa. Perché il glorioso passato della tradizione medica italiana non venga tradito o abbandonato, ma portato a nuovo splendore, ancor più se esaltato da una parallela ricerca scientifica contemporanea. Per ottimizzare la competenza clinica dei medici italiani e, chissà, in futuro anche di medici oltre confine.

Contribuite appassionatamente con le vostre esperienze cliniche, con critiche, osservazioni, suggerimenti, consigli. Contribuire insieme a un progetto editoriale formativo rende tutto più vivo e stimolante.

In tempi difficili, sognare, progettare e lavorare insieme può portare energie fresche e luce viva al lavoro quotidiano di tutti noi.

Fra poco sarà primavera. Ecco l’augurio di cuore: una primavera bellissima, per noi medici e per le nostre pazienti, anche grazie all’anima ritrovata dell’antica Rivista Italiana di Ostetricia e Ginecologia.

Buon lavoro e buona lettura!

Alessandra Graziottin